La prima settimana è trascorsa. Oggi nel secondo incontro continuiamo a far pratica: riprendiamo insieme sotto la mia guida le tracce di quanto i partecipanti hanno esercitato nei giorni scorsi con l’aiuto di una registrazione. “Prendo il tempo per stare con me stesso, con il mio corpo, le sensazioni ..”. Non succede frequentemente di poter stare con me stesso, presente a me.
Queste 8 settimane sono un laboratorio in cui ritroviamo i sentieri che riportano a noi; cerchiamo di non dare per acquisito quello che sappiamo su di noi, sul nostro corpo, le nostre emozioni, le conoscenze ragionate molte volte. Non darle per scontate vuol dire imparare a stare con le semplici indicazioni che ci arrivano dall’essere qui, insieme, in piedi o coricati, in movimento o fermi. Impariamo a fare una pausa, a lasciar spazio, quando il flusso abituale ci porterebbe lungo i solchi già noti. “Sapere già” è ‘non sapere quello che c’è qui, adesso’. Ma non è facile non sapere. Per molti anni ci siamo allenati a trovar riferimento in qualche oggetto, in qualche tipo di pensiero, o ancor più nel pensare stesso. Ci siamo allenati così tanto che la mente, il nostro modo di vedere il mondo, ha preso la forma dei pensieri che frequentiamo di più. Le nostre azioni sono poi consequenziali a quei pensieri. Senza più nemmeno accorgercene. Ormai sembra quasi impossibile considerare la possibilità che i pensieri che abbiamo non siano coincidenti con il mio “Io” a cui sono tanto affezionato! “Cogito ergo sum”! E “osservare i pensieri” quasi non è comprensibile. E anche se a volte siamo esausti del venir trascinati da un pensiero a un altro senza sosta, non ci è possibile considerarli semplicemente il frutto prezioso della parte più recente del nostro cervello, .. la quale fa il suo lavoro.. E finalmente sganciarci.. almeno per un po’, ogni tanto.. Così anche i giudizi su quanto accade o su noi stessi, eccoli saltar su con la loro determinata protervia. Insidiosi ci rassicurano indicando quello che è bene o male; salvo che quando ‘male’ sono io, ne esco appesantito se non distrutto: e il pensiero autoaccusatorio, autosvalutativo o giudicante boicotta la nostra capacità di stare in relazione con quanto accade dentro e fuori di me, tra me e gli altri. Stiamo piano piano esplorando la gabbia dorata delle abitudini, dei giudizi, dei pregiudizi. Ci accorgiamo che quello che ci è servito fino ad oggi forse non è più cosi attuale né utile. Se guardiamo bene troviamo anche altro; qualcosa di noi che non conoscevamo, veniamo sorpresi. Sento che comincia a entrare il gioco la ricerca della verità, il riconoscimento di quello che appare, così come appare. E mi prendo tempo per guardare il flusso spontaneo del respiro. Magari ancora un po’ confuso tra le tante cose che mi attraversano, e senza ancora poterle ben riconoscere. E senza ancora essere in grado di semplicemente conoscere quello che c’è, qui, in questo momento, mentre respiro.