I principi del metodo Bates – Secondo principio: il movimento

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Principi del metodo Bates - Il movimento

Il secondo principio del Metodo Bates è il movimento. Per una buona visione il movimento è indispensabile, sono tantissimi i movimenti che gli occhi compiono per captare la luce riflessa dagli oggetti del nostro interesse, alcuni di questi, i movimenti saccadici, invisibili ad occhio nudo, in un occhio con buona vista sono più di 60 al secondo. Quel che noi vediamo è il risultato della ricostruzione da parte del cervello degli stimoli inviati dall’occhio alla corteccia visiva, che si trova nella zona occipitale del cervello: quanto più i movimenti saccadici saranno precisi e numerosi, tanto più potranno inviare al cervello stimoli utili a ricostruire un’immagine ben definita, proprio come avviene con i pixel in un’immagine al computer.

Durante la messa a fuoco intervengono poi diversi muscoli, i sei muscoli estrinseci per far convergere gli occhi verso quel che vogliamo guardare e il muscolo ciliare per modificare la forma del cristallino, la nostra lente interna, in base all’oggetto della nostra attenzione, se l’oggetto è vicino il cristallino diventa bombato come una lente d’ingrandimento, se è lontano invece si appiattisce (questo processo prende il nome di accomodazione). I muscoli estrinseci, oltre che muovere l’occhio in varie direzioni, comprimono il bulbo oculare rendendolo più lungo da vicino e più corto da lontano; secondo il dottor Bates, se la pressione di questi muscoli diventa eccessiva e costante a causa di tensioni nel guardare, si possono produrre difetti di rifrazione (il bulbo allungato porta alla miopia, quello accorciato all’ipermetropia, combinazioni di tensioni fra i muscoli estrinseci all’astigmatismo). Anche il foro pupillare si adatta, oltre che alle variazioni di luce, a seconda della messa a fuoco: si ristringe nella visione da vicino e si dilata mentre guardiamo lontano. Per vedere in modo nitido è necessario che questi muscoli possano muoversi fluidamente e in una buona collaborazione.

Il dottor Bates aveva notato che gli occhi di chi ha problemi visivi si muovono meno di quanto sarebbe naturale, sono occhi più rigidi, tesi, che esplorano poco lo spazio e tendono alla fissità. Rigidità e fissità possono poi ritrovarsi nell’atteggiamento di tutto il corpo e hanno origine secondo Bates in una tensione mentale. Chi ha difficoltà visive ha un rapporto difficile con il movimento e cerca di proteggersi dalla percezione del fluire degli oggetti nel campo visivo, una resistenza che comporta molto sforzo: è come guidare tenendo il freno a mano tirato o nuotare contro corrente.

Coloro che sviluppano miopia fra le reazioni possibili per far fronte ad un momento di stress tendono a non scegliere quella di “scappare” o di “combattere” ma quella di “congelarsi”, nel desiderio di fermare e percepire meno quel che sta accadendo e che avvertono come eccessivo: bloccano il respiro e il movimento del corpo, compreso quello degli occhi, ed entrano in uno stato di allarme. Anche gli occhi degli astigmatici e dei presbiti rivelano tensioni congelate e in generale tutti gli occhi in difficoltà, comprese le patologie. Per quanto riguarda gli ipermetropi, l’emozione dominante e che si accentua nei momenti di stress, è quella dell’ansia e il modo per gestirla è “scappare”, non riuscendo così a mantenere l’accomodazione né da vicino né da lontano, in un atteggiamento che potremmo definire evitante e che conduce ugualmente a non percepire il movimento nel modo fisiologico che descriverò più avanti . Gli occhi di chi ha problemi visivi sono rimasti inibiti nella percezione visiva in un periodo di tensione, le cattive abitudini contratte in quel periodo hanno alterato il naturale funzionamento del sistema visivo, e se come d’abitudine si è ovviato alla visione sfocata con un paio di lenti, sono state rinforzate e stabilizzate dall’uso degli occhiali.

Gli occhiali in effetti non permettono un movimento libero degli occhi, sia perché limitano la visione periferica a causa della montatura, sia perché spostando lo sguardo dal centro della lente vediamo meno bene: è come se gli occhiali ingessassero i nostri occhi. Per mettere a fuoco attraverso una lente predisposta a correggere un certo difetto, siamo con il tempo portati a rendere fisse difficoltà visive che secondo l’esperienza con il Metodo Bates possono invece mutare: noi tutti possiamo in effetti notare, specialmente quando non portiamo occhiali o lenti a contatto, come durante una stessa giornata la visione sia soggetta a cambiamento, in base alla luminosità dell’ambiente, la stanchezza, l’umore, il modo in cui stiamo guardando in un certo momento…Chi vede bene e chi ha difficoltà visive tende inoltre a reagire diversamente a queste variazioni, i secondi difronte ad una perdita di nitidezza si sforzano di vedere più chiaramente, caricando gli occhi di tensione e peggiorando ulteriormente la situazione. Scrive Bates in “Vista perfetta senza occhiali”:

“L’occhio con vista normale non cerca mai di vedere. Se per qualche motivo – mancanza di luce, per esempio, o distanza dell’oggetto, – non riesce a vedere un punto particolare si volge a un altro. Non cerca mai di discernere quel dato punto fissandolo, come fa costantemente l’occhio che non vede bene”.

Nei momenti di difficoltà visiva ci sarebbe bisogno di rilassare i nostri occhi, di respirare, battere le palpebre, fare Palming, muovere lo sguardo, fino a quando la nitidezza non sarà tornata ad emergere come conseguenza di un atteggiamento visivo e non come frutto di uno sforzo: più ci sforziamo di vedere e più la visione risulterà faticosa e sfocata. Praticando il Metodo Bates diveniamo sempre più consapevoli dei cambiamenti della nostra visione e questo affinarsi della sensibilità ci aiuterà a dare attenzione alla mutevolezza delle nostre percezioni e pian piano ad accoglierla, ammorbidendo le rigidità dei nostri occhi e permettendoci di fluire con una maggiore libertà nell’interazione con l’ambiente esterno. Con il Metodo Bates cerchiamo di ritrovare le buone abitudini per il sistema visivo, di riportare movimento e fluidità negli occhi e in tutto il corpo, e quindi anche nell’attenzione e nel pensiero, proviamo a far pace con il movimento, a lasciarci andare gradualmente ad esso e ad accettare il cambiamento e la trasformazione che il movimento implica.

Nel Metodo Bates è importante il concetto di movimento apparente. Imparare a notare il movimento apparente ci aiuta a “sbloccare” i nostri occhi, a offrir loro nuove possibilità, a uscire dallo schema della rigidità. Ancora in “Vista perfetta senza occhiali”, Bates afferma:

“L’occhio che vede imperfettamente cerca di compiere l’impossibile, guardando insistentemente un punto per un certo tempo, in sostanza fissandolo. Quando guarda una lettera sconosciuta e non la vede, continua a fissarla sforzandosi di vederla. Questi sforzi non hanno mai successo, e sono un fattore importante nella produzione della vista imperfetta. Uno dei metodi migliori per correggere la vista consiste nell’imitare consciamente l’inconscio spostamento che avviene nella visione normale e nel notare il movimento apparente prodotto da questo spostamento.”

La visione del movimento apparente, dovuta in una vista normale allo spostamento anche impercettibile degli occhi (come nel caso dei movimenti saccadici), è dunque solitamente inconscia, renderla consapevole ci permette di ricordare al nostro sistema visivo come guardare in modo fisiologico, e cioè facendo scorrere lo sguardo di dettaglio in dettaglio esplorando quel che desideriamo vedere.

Proviamo ora a sperimentare la visione del movimento apparente con le oscillazioni ampie, uno degli esercizi di base del Metodo Bates. Dopo esserci tolti occhiali e lenti a contatto, in piedi, con i piedi più o meno alla stessa distanza delle spalle, cominciamo a portare il peso prima su un piede e poi sull’altro, facendoci cullare dal movimento. Ruotiamo intorno ad un asse centrale che parte dalla “fontanella” della nostra testa, attraversa tutto il corpo e arriva al centro della distanza dei nostri piedi, ad un certo punto portando il peso su un piede accadrà naturalmente che il tallone dell’altro si sollevi. Durante l’oscillazione il piede, il bacino, e poi le spalle ruotano: è un movimento a spirale. Nella spiegazione originale di Bates la testa rimane dritta e lo sguardo è alla stessa altezza degli occhi, né più in alto né più in basso (come si vede nel disegno in fondo all’articolo); come variante possiamo provare a girare la testa quando le spalle hanno ruotato al massimo su un lato: lasciamo che la testa vada a guardare fin dove riesce su quel lato all’estrema destra o sinistra, ma sempre mantenendo una certa morbidezza, senza tirare, senza forzare. Le braccia non fanno niente, sono tranquille, rilassate vicine ai fianchi. Battiamo frequentemente le palpebre, respiriamo. Mentre oscilliamo possiamo notare che nel nostro campo visivo le cose che ci circondano sembrano muoversi in direzione opposta rispetto a noi: se ci muoviamo verso destra sembreranno scorrere verso sinistra, se ci muoviamo verso sinistra sembreranno scorrere verso destra. Proviamo a incoraggiare questa percezione, a desiderare che questo avvenga. Se abbiamo difficoltà a notare il movimento apparente possiamo provare a mettere un dito davanti a noi ad una distanza in cui possiamo metterlo a fuoco: posiamo lo sguardo sul nostro dito e mentre continuiamo ad oscillare spostando il peso ora su un piede ora su un altro, notiamo che le cose dietro il dito sembrano muoversi in direzione opposta rispetto a noi. Questo movimento lo chiamiamo apparente perché è illusorio, in realtà siamo noi a muoverci, è lo stesso movimento che in macchina o in treno avvertiamo chiaramente perché la velocità è elevata ma è un movimento che si verifica sempre, in qualsiasi attività, ogni volta che spostiamo lo sguardo, che respiriamo, che camminiamo, che leggiamo…Possiamo cercare di apprezzare questo movimento, di entrarci dentro e di lasciar andare i nostri occhi senza evadere con i pensieri: restiamo con l’attenzione là dove è il nostro sguardo, la nostra attenzione è insieme agli occhi, e tocchiamo e lasciamo andare quel che guardiamo con delicatezza, lo sguardo è leggero come una piuma, è presente dove guarda ma non afferra, tocca e lascia andare scoprendo cose sempre nuove, cose che arrivano e cose che se ne vanno, senza attaccamento.
È molto utile praticare questo esercizio con gli occhiali stenopeici (gli occhiali forati) che favorendo la mobilità degli occhi, ci aiutano a vedere meglio il movimento apparente e a sciogliere ulteriormente le tensioni visive.

Cinque minuti al giorno di oscillazioni sono un ottimo esercizio (possiamo provare ad accompagnarci con una canzone che ha più o meno questa durata) anche per migliorare i dolori alla schiena, alla cervicale, il mal di testa, allenare il senso dell’equilibrio e diminuire la nausea in situazioni di movimento, come in nave o in automobile. Praticare le oscillazioni davanti alla finestra, in balcone, all’aperto, è fantastico perché ci permette di alternare vari piani di distanza e di stimolare il nostro interesse per quel che vediamo, aspetto non secondario nell’educazione visiva.

Prima dell’oscillazione possiamo provare a prendere una gamba e piegarla verso il petto, guardando davanti a noi, mantenendo l’equilibrio, sentendoci crescere verso l’alto, sentendo che il piede su cui poggiamo si “radica” sempre di più nel pavimento. Lasciamo poi andare la gamba mantenendoci flessibili e chiudiamo gli occhi per sentire le differenze fra i due piedi e i due lati del corpo nella totalità. Potremo notare che la diversità di appoggio e in generale di percezione fra i due lati si estende dai piedi fino agli occhi. Ripetiamo con l’altra gamba. Questa preparazione ci aiuta a “radicarci”, a non storcere i piedi durante le oscillazioni e a non sentirci portare via dal movimento.

È un buon esercizio anche notare il movimento apparente tutte le volte che possiamo, meglio se senza occhiali (quando camminiamo, quando siamo in macchina, in treno, in bicicletta, fra un oggetto e l’altro, fra una lettera e l’altra…), ogni volta che lo notiamo stiamo incoraggiando i nostri occhi a sciogliersi, a muoversi fisiologicamente, a non fissare, a mettersi davvero in contatto con ciò che attrae il nostro interesse.


Vanina Ambrosini – Educatrice visiva del Metodo Bates riconosciuta dall’A.I.E.V.

Propongo il Metodo Bates in lezioni individuali, seminari, conferenze e corsi settimanali. Potete contattarmi al 3386369759 oppure all’indirizzo email vanina.ambrosini@libero.it. Gestisco la pagina Facebook Metodo Bates Firenze. Ricevo a Firenze presso l’associazione “L’albero di Neem” in via della Torricella 8.